Marta e Claudia si conoscono negli scout, sono delle bambine, e sono cattoliche. Passa qualche anno e si scoprono di sinistra; partecipano a una manifestazione contro il primo governo Berlusconi, e vi incontrano Vittorio, quel compagno di scuola indecifrabile. Parlano un po’, passano insieme il resto della mattinata, ridendo e fumando le prime sigarette. Un giorno come tanti, eppure quell’anonimo stralcio di quotidianità determinerà per sempre il corso delle loro vite.
La prospettiva narrativa de Il caso Vittorio è un pendolo che oscilla con precisione matematica dalla soggettiva di Marta a quella di Claudia e viceversa, senza trascurare i passaggi intermedi. È questo l’elemento più impressionante del notevole stile che ha dato forma a questo romanzo del 2003, che la minimum fax ha deciso di riproporre in una nuova edizione nel 2011. Impressionante ed efficace; il lettore attraversa oltre dieci anni di storia recente mano nella mano con le due protagoniste, impara a conoscerle, ad amarne i pregi, a odiarne i difetti, può addirittura immaginarne i cambiamenti fisici anche quando questi non vengono descritti sulla pagina. Attraverso i loro occhi impara a comprendere a fondo anche gli altri personaggi, eccetto uno, Vittorio, l’alieno (come suggerisce la forma della sua testa), un enigma, un vero e proprio caso.
Ciò che mi ha colpito maggiormente dell’umanità ritratta da Francesco Pacifico è la necessità di un codice, di una filosofia, di un’ideologia con cui interpretare e affrontare il mondo. Spesso gli stessi personaggi barcollano intellettualmente passando dal nichilismo all’edonismo, da un paradigma inventato ai tempi del liceo e chiamato “Verità Creativa” all’integralismo cattolico (quest’ultimo oggetto d’interesse anche del più recente romanzo di Francesco Pacifico, Storia della mia purezza, edito da Mondadori), ma non possono esimersi da quello che appare quasi un istinto cognitivo primordiale, la ricerca di un centro di gravità permanente detto con le parole di Franco Battiato. Ma quando i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne di questo libro, pensano di aver trovato la distanza giusta per mettere a fuoco la propria vita, si accorgono che nel frattempo la stessa si è spostata un po’ più in là.
P.s. mi sono interessato a Il caso Vittorio a causa del suo titolo, curiosamente simile a uno dei primi racconti pubblicati su questo blog, Nel caso di Vittorio (che mi rifiuto di linkare per pudore e rispetto del romanzo recensito). Una coincidenza, e a giudicare dalle impressioni finali sul testo direi una fortunata coincidenza.
Giusto una citazione che mi pare appropriata e volevo condividere:
Anche nel caso di George Bernard Shaw, ogni volta la vita si spostava un po’ più in là, nella fattispecie il punto vita… 😉 battuta raffinatissima, Sir Zeno.
Caro Maestro,
a parte l’ottima recensione, oggi e’ la prima volta da due setimane a questa parte che entro nel tuo blog da un pc.
Dall’iphone non mi fa’ vedere il frontespizio.
Indipercui, dopo l’indimenticabile scheletro, e dopo quel parabrezza che mi lasciava indifferente, ora mi ritrovo questo eccelso primate, delizioso, penetrante, simpaticissimo, quasi interrogante.
Gradirei spiegazione.
Anticipatamente ringrazio.
Hasta
Zac
Mi fa piacere che tu me lo chieda Zac, così ho modo di ringraziare pubblicamente: è un regalo di un amico/lettore di questo blog, Eno (http://lastonza.blogspot.com/)
Ora che ci penso mi è venuto in mente che dopo lo scheletro e prima del parabrezza, c’è stata un header di transizione, questo: https://magaridomani.wordpress.com/about/header3slave-jpeg/
direi che questo Pacifico me lo devo proprio leggere.
grazie della segnalazione
vero!
me l’ero scordato.
Chiedo venia.